Andiamo, lo so, ve lo state chiedendo, chi sarà? Jimi Hendrix? Santana? Eric Clapton? B.B. King?…
Troppo facile!
Sappiate che non è nemmeno citato nella classifica dei 100 migliori chitarristi di Rolling Stones ma ha segnato un’epoca musicale, uno stile, un modo di sentire e ha caratterizzato un’intera nazione.
Usciamo dai circuiti commerciali, sto parlando del portoghese Carlos Paredes. Chi? Portocheee?
Beh, è facile fare il chitarrista famoso quando sei americano e vivi nel XX secolo. Prova invece a farti conoscere nel mondo quando suoni una guitarra portuguesa (simile al nostro mandolino), vivi in un’asfissiante dittatura fascista e sei pure comunista!
Aggiungi anche che ad un certo punto, intorno ai 30 anni (1958), ti fai anche un anno e mezzo di carcere duro per motivi politici e poi vieni condannato a non poter più esercitare un lavoro pubblico per o prossimi 15 anni (fino alla rivoluzione del 1974)!
La musica di Paredes trova proprio qui le sue radici. Si racconta che nella sua cella andasse continuamente avanti e indietro componendo canzoni nella propria testa e fingendo di suonare la chitarra. “O louco”, il matto, così pensavano i suoi compagni di prigione.
Proprio da questa detenzione comincia la sua carriera di musicista. Una volta libero infatti, scrive le musiche di un film cult portoghese, “Anni verdi” di Paulo Rocha, per poi incidere il primo LP “Guitarra portuguesa” qualche anno dopo diventando negli anni autore per Amalia Rodrigues e di molto fado a venire. Ma Paredes non è solo fado, non fate questo errore (vedi collaborazioni fusion con Charlie Haden, inventore con Ornette Colemann del free jazz. In fondo a questo articolo ci sono esaustivi link)!
Dopo la rivoluzione dei garofani del 25 aprile 1974, che rovesciò il regime fascista, fu considerato un eroe nazionale per aver tenuto la testa alta dinanzi alla dittatura di Salazar.
Ma a questo punto cosa fa? Torna al suo vecchio lavoro(!), nell’amministrazione di un ospedale di São José, mantenendo un profilo piuttosto modesto. Il perché lo spiega proprio lui
“amo troppo la musica per viverci”
Non divenne neanche un musicista professionista dunque; piuttosto un amante sincero, che suona il suo amplesso d’amore. Un sentimento così profondo che pensò al suicidio una sola volta nella sua vita (ed ebbe ben altri motivi!), quando perse la sua chitarra durante un viaggio aereo!
Il 23 luglio (del 2004), tra qualche giorno, ricorre la data della sua morte, mi piaceva ricordarlo.
Il quotidiano Correio da Manha, 11 anni fa apriva l’edizione con: “Il maestro ha smesso di suonare“.
Si ritirò dalle scene, per problemi alle ossa, nel 1993, lo stesso anno in cui vivevo a Lisbona e, senza sapere nemmeno chi fosse, ricordo di essermi profeticamente imbucato in un suo concerto, una sera di quel suo ultimo anno di musica, ad ascoltare le note di un anziano signore che suonava una melodia con una strana chitarra, che mi emozionò molto. Ci volle qualche altro anno per comprendere meglio questo Maestro che commuove senza far piangere, a mio parere, la translitterazione musicale della saudade portoghese.
E’ sepolto col nostro Antonio Tabucchi, artista di altra arte, nel Cimitero dei Piaceri (Cemiterio Dos Prazeres), nella zona che ospita gli artisti.
E’ ricordato tra i più grandi portoghesi nel mondo.
“Quando morirò, morirà anche la mia chitarra. Mio padre diceva che, una volta morto, voleva che la sua chitarra fosse distrutta e seppellita con lui. Anche io desidero fare lo stesso. Se proprio devo morire.”
Carlos Paredes
Dovemmo attendere ancora dieci anni prima che un’altra alba aprisse le porte della libertà (ndr la rivoluzione del 1974), ma l’indimenticabile tema dei Verdi Anni […] fu per noi una sorta di preghiera laica che riuniva speranza e volontà. Era molto ma non ancora tutto. Mancava la conoscenza dell’uomo dalle dita geniali, l’uomo che ci mostrava come poteva essere bello e robusto il suono di una chitarra […] un esempio straordinario di semplicità e grandezza di carattere. Non era necessario che Carlos Paderes ci chiedesse di aprire le porte del cuore. Erano sempre spalancate.”
Vi lascio qualche brano:
Movimento perpetuo (1971 – dal secondo album omonimo)
Con i Madredeus nel 1992
Verdes Anos (1962)
Song for Ché – con Charlie Haben
Divertimento (1967 – dal primo album “guitarra portuguesa”)
E se volete seguire i percorsi che i suoi brani hanno intrapreso nel tempo, cercate ad esempio le versioni di “Verdes anos” dei Kronos Quartet, Dulce Pontes, Budda Power Blues, Stereossauro e molti altri che potete reperire in rete (“movimento perpetuo” su chitarra elettrica è micidiale!). Un omaggio che nel 2003 ha avuto un buon riscontro radiofonico è Viva di Sam the Kid, un moderno remix dei suoi brani.