Mi sono sempre chiesto come si possa sopravvivere alla morte di una persona amata. E’ un percorso intimo e difficile, a volte impossibile, un dolore che qualcuno anestetizza col tempo, col ricordo o a volte con la sua rimozione, con l’entrata di un altro affetto.
Non ci sono regole ed ogni caso è ovviamente diverso e personale.
Succede però, qualche volta, che sia più difficile del previsto, impossibile, perché il mondo intorno continua a fingere che niente sia successo, continuandone a parlare, ogni giorno, sempre di più, inevitabilmente, per sempre, mentre tu cerchi di avere un’altra vita, con un’altra persona, di andare avanti.
Oh cara Ofélia! Non ho pratica di versi, non ho arte per rendere eloquenti i miei sospiri, ma ti amo, più di tutto, davvero!
E’ con queste parole, dedicate ad Ofelia dallo Shakespeariano Amleto, che comincia la tenera storia d’amore tra l’anonimo impiegato trentunenne Fernando Pessoa e la bella segretaria diciannovenne Ofélia Queiróz. E’ il primo maggio del 1920. Nel più classico e imprevedibile dei modi, approfittando della mancanza di corrente elettrica, Fernando si mette in ginocchio con un candeliere in mano e recita il suo poetico amore.
La storia tra i due, in una sorta di clandestinità dovuta alla differenza d’età, brucia per tutto il 1920 fino al 29 novembre. Improvvisamente si interrompe. Ofélia, giovane e bella, sogna un matrimonio; Fernando, in lotta con le sue molteplici identità, conteso tra le volontà dei suoi eteronimi, fugge davanti ad una lettera firmata provocatoriamente Ofélia Pessoa.
Seguono anni di sguardi, incontri casuali, a volte formali…
Il rapporto riprende però nove anni dopo, nel 1929. Ofelia è cugina di Carlos Queiróz, poeta amico di Fernando, che sta collaborando alla seconda fase del modernismo portoghese; un contatto involontario, una foto, fa riaccendere la scintilla. I due sono ora più maturi ma Fernando è sempre più in balia delle sue identità.
Alvaro De Campos, eteronimo sfuggito al controllo del suo creatore, fa da terzo incomodo ed è causa della fine definitiva della relazione nel 1931, di fatto un ménage à trois virtuale.
A questo punto si susseguono messaggi telegrafici tra i due fino al 1935, anno della morte dello scrittore.
Qui comincia questa storia…
Ofélia si ritrova sola, libera da Fernando, dai suoi eteronimi e soprattutto dall’odiato Alvaro de Campos (“non mi piace, è cattivo”), una strana sensazione di vuoto la pervade.
Certo si tratta un amore finito da anni ma ora è finito per sempre, per forza!
Comincia intanto la dittatura portoghese di Salazar, con gli “ismi” del fascismo, comunismo e nazismo, il mondo sta cambiando per sempre.
Ofélia lavora ora al Segretariato di propaganda Nazionale che si occupa di propaganda politica, pubblica e sociale. Conosce Augusto Soares, uomo di teatro, drammaturgo. I due si sposano nel 1938, tre anni dopo la morte di Pessoa.
Poco si sa di questo matrimonio che avviene quando Ofélia ha ben 38 anni, un po’ fuori età per gli standard dell’epoca.
Non avrà figli.
Nel frattempo l’unico libro pubblicato in vita da Pessoa, Mensagem, un anno prima della morte, comincia a far parlare di sé.
Lo scrittore ha lasciato un misterioso un baule contenente scritti di ogni tipo e lentamente si ricostruiscono poemi, libri, pensieri, lettere. Una carriera post mortem tutta da cominciare!
Il Portogallo supera neutrale la seconda guerra mondiale e nel 1949 l’isolamento politico del regime cessa.
Nel 1955 Ofélia è vedova – di nuovo – 20 anni dopo la morte di Fernando è di nuovo sola.
Sono ancora in pochissimi a conoscere la sua storia. Carlos Queiroz, suo cugino poeta, che sapeva, era morto giovanissimo nel 1949. Ofélia avrebbe potuto approfittare di questa quasi-vedovanza ma non lo fece mai. Antidiva, portava quel segreto nel cuore.
Il 25 di aprile del 1974 il Portogallo è libero dalla dittatura. I capitani d’aprile, rovesciano il fascismo. Nel paese c’è finalmente aria di libertà. Anche il movimento modernista fondato da Pessoa, che aveva accompagnato quasi tutta l’epoca della “Stato Nuovo” di Salazar è terminato. Per Fernando Pessoa si aprono le porte dell’Europa.
Qualche anno dopo, nel 1978 c’è un primo “tradimento”. Vengono pubblicate le lettere d’amore che Fernando le aveva scritto dal 1920 al 1932. Quarantotto lettere in cui il poeta si spoglia e diventa uomo, innamorato, ridicolo, – ma non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole – come egli stesso scrive.
La loro storia d’amore è ora pubblica, quando la fragile segretaria ha ben 78 anni suonati, 43 anni dalla morte del suo amato!
Rifiuta qualsiasi intervista e si nasconde al mondo fino alla sua morte.
Una nipote, Maria da Graça Queiroz, raccoglie il racconto di questo amore e ne fa una prefazione alla pubblicazione delle lettere.
E’ un ritratto leggero del poeta innamorato, tenero, a tratti crudo quando Fernando si definisce pazzo o confuso per l’invadenza dei suoi alter ego.
Fernando era una persona molto speciale. Tutto il suo modo d’essere, di sentire, di vestire erano speciali. La sua sensibilità, la sua tenerezza, la sua timidezza, la sua eccentricità, mi incantavano.
Era un poco confuso, principalmente quando si presentava come Alvaro de Campos. Allora mi diceva “oggi non sono venuto io, è il mio amico Alvaro de Campos”. In questi casi si comportava in modo completamente diverso. Dicendo cose senza senso.
E’ il 1982 Pessoa ottiene la sua consacrazione mondiale con la pubblicazione del Libro dell’Inquietudine, firmato dal suo eteronimo Bernardo Soares.
Ofélia è ancora lì, nell’ombra.
Nel 1991 a 91 anni, termina la sua vita terrena e lievemente mette la parola fine a questa storia d’amore vissuta per quindici anni in presenza dell’amato e per ben 56 nella sua assenza!
Nel 1996, decaduto ogni motivo di disonore, furono pubblicate finalmente anche le lettere che Ofélia scrisse a Fernando, arrivate per ultime, post mortem, come il più intimo degli inconfessabili segreti.